Il legislatore italiano, con il d.lgs. n. 209/2023, ha inteso modificare la disciplina della residenza fiscale al dichiarato scopo di meglio adeguarla alla prassi internazionale. La modifica produce effetti dal 01.01.2024.
Non ha portata retroattiva. Il nuovo testo dell’art. 2 è il seguente:
art. 2 TUIR
1. Soggetti passivi dell'imposta sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato.
2. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno la residenza ai sensi del codice civile o il domicilio nel territorio dello Stato ovvero sono ivi presenti. Ai fini dell'applicazione della presente disposizione, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.
2-bis. Si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale.
1. Paesi a fiscalità privilegiata e onere della prova. Tempo di conservazione della prova
Ai fini che qui maggiormente interessano, occorre immediatamente focalizzare l’attenzione sul fatto che il cittadino italiano che si cancelli dall’anagrafe della popolazione residente, procedendo all’iscrizione all’a.i.r.e., per migrare verso Paesi considerati a fiscalità privilegiata o non collaborativi - ad es. Principato di Monaco - ha comunque l’onere di dimostrare, in caso di verifica, che non è fiscalmente residente in Italia.
Ciò significa che il suddetto cittadino dovrà avere cura di conservare e tenere facilmente reperibili le evidenze documentali che gli consentano di dimostrare che nessuno dei criteri di residenza fiscale di cui all’art. 2 è stato integrato per la maggior parte del periodo di imposta sottoposto a controllo. Attenzione: di ogni periodo di imposta, perché, come stabilito dall’art. 2bis, in caso di verifica, l’Agenzia potrà limitarsi a presumere la residenza fiscale in Italia sulla sola base del fatto della migrazione verso un Paese considerato a fiscalità privilegiata e, in caso di mancata soddisfazione dell’onere della prova, attrarre a tassazione in Italia tutti i redditi ovunque prodotti dal cittadino migrato all’estero.
Ovviamente, la prova di un fatto negativo (i.e.: non essere residente in Italia) può essere particolarmente difficile da fornire. La regola da seguire sarà quella di essere in condizione di poter dimostrare, anche a distanza di molti anni (v. infra), che, considerata la maggior parte del periodo di imposta (183 giorni all’anno, che diventano 184 in caso di anno bisestile), il cittadino:
– non è stato residente civilisticamente e
– non è stato domiciliato e
– non è stato fisicamente presente
nel territorio italiano per il numero di giorni sopra indicato; oppure, sotto coordinato ma non perfettamente speculare profilo, che è stato residente (residenza civilistica, domicilio, presenza fisica) all’estero per la maggior parte del periodo di imposta.
La mancata prova anche di una sola delle suddette condizioni è sufficiente per far presumere il cittadino residente fiscalmente in Italia e, in quanto tale, sottoposto agli obblighi dichiarativi e al principio di tassazione dei redditi ovunque prodotti (worldwide taxation principle).
In questo caso, le conseguenze per il cittadino sono particolarmente gravi: l’ammontare dell’investimento e/o dell’attività finanziaria non dichiarati nel quadro RW si presume frutto di redditi non dichiarati in Italia e come tali ivi imponibili; le sanzioni per infedele dichiarazione o omessa dichiarazione sono raddoppiate; sono del pari raddoppiate le sanzioni per la violazione degli obblighi di monitoraggio.
Particolare attenzione va prestata al tempo per il quale la documentazione probatoria dovrà essere conservata. Infatti, per effetto della disciplina sugli obblighi dichiarativi degli investimenti e delle attività finanziarie detenuti in paesi non collaborativi, gli ordinari termini di accertamento e di contestazione delle sanzioni per il “monitoraggio” sono raddoppiati.
Ne deriva che l’Agenzia avrà termine:
– fino al 31 dicembre del 10° anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per l’accertamento delle imposte qualora il cittadino abbia presentato la dichiarazione dei redditi del periodo in accertamento;
– fino al 31 dicembre del 14° anno a quello in cui avrebbe dovuto presentare la dichiarazione, per l’accertamento delle imposte qualora il cittadino non abbia presentato la dichiarazione dei redditi del periodo in accertamento;
– fino al 31 dicembre del 10° anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per irrogare le sanzioni per la violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale.
Quindi, a seconda dei casi, il tempo di conservazione della documentazione probatoria del cittadino italiano migrato verso un paese non collaborativo sarà di 10 o di 14 anni ai fini dell’imposizione reddituale e di 10 ai fini degli obblighi di “monitoraggio”.
Ad esempio, per l’anno 2024, il cui termine di presentazione è il 2025, il cittadino dovrà avere cura di conservare la documentazione probatoria della residenza fiscale fino al:
31.12.2035 se ha presentato la dichiarazione relativa al 2024;
31.12.2039 se non ha presentato la dichiarazione relativa al 2024.
Per ragioni evidenti, è facile supporre che l’attenzione dell’autorità fiscale italiana sarà massima nei primi anni del trasferimento del cittadino verso l’estero e si rinnoverà qualora il suddetto manifesti segni di collegamento stabile con il territorio italiano.
2. Computo dei giorni
Per quel che concerne il requisito della presenza fisica sul territorio, il nuovo testo dell’art. 2 impone di considerare quali giorni “italiani” anche le frazioni di giorno. Anche qualora la permanenza fisica si protragga per un numero di ore inferiore alle 24 (“frazione”), quel giorno dovrà essere considerato interamente ai fini del calcolo della permanenza.
Per fare un es.: se programmo un soggiorno in Italia dal 22 al 25 del mese, dovrò computare per intero anche le eventuali frazioni di giorni dell’arrivo e di partenza dal territorio italiano quale giorno di presenza fisica sul territorio.
3. Rassegna dei criteri che vanno considerati per stabilire se un cittadino italiano è fiscalmente residente in Italia
3.1. Residenza civilistica
Per l’art. 43 codice civile, la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale.
Per dimora abituale, si intende comunemente il luogo in cui il cittadino ritorna in modo sistematico quando è possibile, mostrando l’intenzione di mantenervi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali. Detto requisito prescinde dalla presenza fisica e dalla continuità e/o definitività e non è necessariamente legato a un titolo giuridico relativo all’abitazione o immobile di permanenza (potrebbe cioè trattarsi anche di una disponibilità di fatto).
Ad es., se un cittadino italiano si reca all’estero tutti i giorni o periodicamente per lavoro ma fa ritorno in Italia perché ivi ha il nucleo familiare o i legami affettivi, ecco che dovrà considerarsi ivi residente anche fiscalmente.
3.2. Domicilio fiscale
Come detto, questa è la vera novità normativa, valevole dal 01.01.2024: non si fa più riferimento al concetto di domicilio ai sensi del codice civile italiano ma si assume un criterio esclusivamente fiscale.
Il legislatore punta su un criterio di natura sostanziale, considerando residenza fiscale il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona.
Su questo punto devono necessariamente attendersi chiarimenti, ad oggi non ancora emanati.
Tuttavia, quale “luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona” può essere considerato quello in cui le relazioni nascono, si mantengono ed eventualmente terminano; non necessariamente coincide con il luogo di residenza della persona con cui è stabilita la relazione, se il luogo in cui si sviluppa non è in territorio italiano per la maggior parte del periodo di imposta.
3.3. Presenza fisica
Con la recente riforma, la presenza fisica in Italia per la maggior parte del periodo diviene, dal 01.01.2024, un criterio che localizza la residenza fiscale nel territorio, di per sé sufficiente, senza che rilevi l’assenza di una dimora abituale. Come detto, per il computo dei giorni di permanenza rilevano anche le frazioni di giorno.
3.4. Iscrizione anagrafica
Con il nuovo testo, l’eventuale permanenza dell’iscrizione anagrafica come residente determina una presunzione di residenza che, a differenza di quanto accade fino al 31.12.2023, è vincibile mediante la prova contraria.
4. Esempi pratici
Volendo esemplificare gli strumenti utili a fornire la prova dell’effettiva residenza del cittadino, sebbene appaia difficile indicare criteri di carattere generale, possiamo ricordare quanto segue.
Quanto alle relazioni di carattere familiare, va considerata la possibilità di comprovare la compresenza di familiari mediante documenti anagrafici ufficiali (certificati di residenza, stati di famiglia, attestazioni pro veritate di autorità locali), come pure, all’occorrenza, mediante dichiarazioni testimoniali.
Quanto a quelle di carattere personale (amicizie, legami sentimentali), va considerata la possibilità di avvalersi dei social media.
Quanto alla presenza fisica e quindi al computo dei giorni, sono utili tutti quei documenti (ricevute, scontrini, estratti conto della carta di credito, etc.) che consentano di attestare per quanti giorni la presenza fisica della persona del cittadino è in Italia e all’estero.
Quanto allo svolgimento di incarichi di carattere libero professionale o gestori, la documentazione che attesti il luogo nel quale viene effettuata la prestazione (ad es., la partecipazione da remoto a riunioni di comitati, consigli di amministrazione, etc.).
Le spese sostenute per le esigenze della vita quotidiana, come scontrini per spese sostenute per acquisti di cibi, frequentazione di circoli, clubs, spese mediche, ristoranti, parcheggi, taxi, personal trainer, servizi alla persona (estetista, fisioterapista, lezioni private, frequenza corsi, etc.).
I documenti concernenti le relazioni bancarie e di investimento.
I documenti concernenti la titolarità e disponibilità di immobili.
Le spese sostenute per il mantenimento di immobili, veicoli, imbarcazioni, quali canoni, premi assicurativi, sanzioni, manutenzioni, bollette, noli, rimessaggi, etc.. Nel caso di sostenimento di spese anche per consimili beni esistenti in Italia, occorrerà adottare un criterio di comparazione dell’entità delle rispettive spese.
Le statistiche che dimostrino l’accesso a sistemi di home banking o siti web dall’estero.
Le spese per viaggi e soggiorni all’estero. Fra queste, la dimostrazione dei periodi di permanenza in Italia può essere fornita attraverso fatture di hotel o residence, pedaggi autostradali, rifornimenti, ticket aerei o altri mezzi di trasporto, pubblici e privati.
Le spese per utilizzo di apparati telefonici cellulari, di gestori italiani ed esteri, qualora di uso personale, consentono di confermare i dati emergenti dalla documentazione sopra citata.
5. Migrazione verso paesi non black list
Per i cittadini italiani che si cancellino dall’anagrafe della popolazione residente, iscrivendosi all’A.I.R.E. perché emigrano verso un paese che non è compreso nel Decreto del Ministero 04.05.1999 fra i cd. Black list, le norme sui soggetti passivi, in particolare il citato art. 2, d.P.R. n. 917/1986, non determinano l’inversione dell’onere della prova.
Quindi, i suddetti cittadini dovranno avere pur sempre cura di conservare e tenere facilmente reperibili le evidenze documentali che gli consentano di dimostrare che nessuno dei criteri di residenza fiscale di cui all’art. 2 è stato integrato per la maggior parte del periodo di imposta sottoposto a controllo. Tuttavia, in caso di verifica, a differenza di quanto accade per i cittadini migrati verso un paese black list, l’Agenzia non potrà limitarsi a presumere la residenza fiscale in Italia ma dovrà fornire prova della sussistenza degli elementi – di cui all’art. 2 – che fanno considerare il soggetto come comunque residente in Italia.
Si ricorda che, a partire dal 01 gennaio 2024 e per effetto dell’art. 1 del D.M. 20.07.2023, la Svizzera non è più incluso fra i paesi black list ai fini della residenza fiscale delle persone fisiche. Pertanto, al cittadino italiano ivi residente non si applicherà più l’inversione dell’onere della prova della residenza in Italia per il periodo di imposta iniziato il 01 gennaio 2024. Del pari, dalla medesima data, non si applicherà la presunzione (art. 12, co. 2 primo periodo, del d.l. n. 78/2009) per la quale gli investimenti e le attività finanziarie detenute in Stati black list si considerano costituite, salvo prova contraria, con redditi sottratti a tassazione. Allo stesso modo, i termini di accertamento per le violazioni sul monitoraggio fiscale di attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero non saranno più raddoppiati ma di 5 anni.
6. Caveat
Per completezza, occorre tenere conto che tutti gli elementi documentali sopra esemplificati si riferiscono a cittadino che tiene un comportamento lineare e trasparente. Laddove ciò non fosse e quindi l’Agenzia dovesse intraprendere una verifica, l’attivazione di un’indagine di natura penale (possibile anche per reati di natura tributaria) è in grado, ad esempio, di attingere a dati che i gestori telefonici italiani sono tenuti a fornire, con l’evidenziazione dell’aggancio delle celle nazionali da parte di terminali esteri, come pure della localizzazione dei veicoli in uso.
Ovviamente, trattasi di indicazioni di carattere generale che non potranno sostituire l’esame nel dettaglio di ciascun caso.