1. Introduzione

Il venir meno, in una famiglia, della figura imprenditoriale principale sovente com- porta l’insorgere di problematiche aventi ad oggetto la buona prosecuzione della gestione dell’azienda tali da provocarne, nelle ipotesi peggiori, un conclamato e irrimediabile stato di crisi.

Può accadere, infatti, che non tutti i discendenti dell’imprenditore abbiano le sue stesse capacità e prerogative oppure che, pur in presenza di eredi con capacità imprenditoriali e gestionali adeguate, insorgano tra loro tensioni destinate ad incidere in termini fortemente negativi sull’azienda.

Al verificarsi e protrarsi di queste dinamiche, l’epilogo più probabile è la dissoluzione dell’azienda o il suo trasferimento a terzi, spesso entrambi pagati a caro prezzo. Nonostante la notorietà di simili accadimenti, per lungo tempo, tuttavia, molti imprenditori non si sono interessati (rectius: preoccupati) al passaggio generazionale dell’azienda, complice anche l’assenza di strumenti semplici ed efficaci rispetto a quelli canonicamente forniti dal diritto delle successioni, che, oltre a prestarsi facilmente all’emersione di lunghe e angosciose controversie, sono comunque articolati, complessi e dispendiosi, rivelandosi efficienti, in termini di costi e di mezzi, solo nel caso di grandi realtà.

In un simile contesto, allo scopo di favorire la continuità intergenerazionale dell’azienda, anche piccola o media, nel 2006 è stato introdotto in Italia il “Patto di famiglia”, attualmente disciplinato dagli articoli da 768-bis a 768-octies del Codice civile, in virtù del quale è possibile il trasferimento gratuito (tecnicamente: donazione), da parte dell’imprenditore, in tutto o in parte, dell’azienda o delle partecipazioni societarie del veicolo che la detiene, ad uno o più discendenti, senza integrare – ovviamente laddove rispettosi della disciplina in materia di successioni – patti successori o “favoritismi” forieri di liti, fondate e non, tra gli eredi.

2. L’oggetto del Patto di famiglia

Il Patto di famiglia, in specifico, deve avere ad oggetto:

a) il trasferimento (donazione), generalmente dal genitore ad alcuni dei propri discendenti, totale o parziale, di un’azienda o di un pacchetto di partecipazioni societarie; nonché
b) l’attribuzione, che può essere effettuata sia in denaro, che in natura, ai legittimari (coniuge e figli) non assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni, a titolo di “compensazione” della porzione di azienda o delle partecipazioni che gli stessi avrebbero ricevuto, in caso di mancata stipula del Patto di famiglia, in sede di successione, a meno che loro vi rinuncino espressamente.

Quanto ricevuto dagli assegnatari in forza del Patto di famiglia, giova rilevarlo, è esente dalle azioni di riduzione e di collazione.
Con riferimento alle partecipazioni è opportuno precisare che, nonostante la definizione generica fornita dal Codice civile, la dottrina maggioritaria ritiene che, qualora le stesse rappresentino un mero investimento finanziario e non l’espressione di una attività imprenditoriale svolta dal donante, non possano essere trasferite mediante un Patto di famiglia. D’altra parte, con riferimento all’azienda, il trasferimento può essere parziale e riguardare un ramo della medesima oppure una quota di comproprietà. In tale ultimo caso, potrebbe essere opportuno costituire una società tra il donante e gli assegnatari, a meno che si ipotizzi un contestuale affitto di una quota dell’azienda. Con riferimento, infine, alle partecipazioni societarie, come ovvio, sarà necessario valutare di volta in volta l’esistenza di vincoli di trasferibilità delle stesse previste dal- lo statuto della società cui fanno riferimento e da eventuali patti parasociali esistenti tra i relativi soci.

 

3. Le parti del Patto di famiglia

Al Patto di famiglia devono necessariamente partecipare:

a) l’imprenditore (inteso come il titolare dell’azienda o delle partecipazioni del- la società che detiene l’azienda, oggetto di trasferimento);
b) i discendenti assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni;
c) il coniuge dell’imprenditore;

d) tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione dell’imprenditore.

Assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni possono essere solo i discendenti dell’imprenditore.
La norma in materia di Patto di famiglia si applica anche alle parti di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, in virtù di un espresso richiamo operato dalla Legge 76/2016.

 

4. Forma

Il Patto di famiglia deve, a pena di nullità (e, dunque, di inopponibilità), essere stipulato nella forma dell’atto pubblico.

5. Profili fiscali

Dal punto di vista fiscale, il trasferimento dell’azienda e/o delle partecipazioni dall’imprenditore ai discendenti assegnatari è trattato alla stregua di una donazione. In quest’ottica ottica, viene in rilievo l’agevolazione prevista dall’art. 3, comma 4-ter del D. Lgs. 346/1990.

Come noto, infatti, tale disposizione prevede l’esenzione dall’imposta di successione e donazione delle donazioni (e, dunque, per quel che rileva, dei trasferimenti in forza di Patto di famiglia) di aziende e di partecipazioni effettuate, anche a seguito di Patti di famiglia, a favore dei discendenti (e del coniuge).

L’esenzione, tuttavia, è condizionata alla prosecuzione, da parte degli assegnatari dell’azienda, dell’attività di impresa per almeno un quinquennio dalla data di stipula del Patto di famiglia. Il requisito della detenzione quinquennale si applica anche alle partecipazioni in società di persone.

In caso di trasferimento di partecipazioni in società di capitali, ai fini dell’esenzione è previsto l’ulteriore condizione che (a) la partecipazione donata consenta di esercitare o integrare il controllo sulla società partecipata, ai sensi dell’art. 2359, comma 1, n. 1, del Codice civile per almeno un quinquennio a decorrere dalla stipula del Patto di Famiglia.

Sul punto si segnala che l’esenzione non dovrebbe essere applicabile alle donazioni di partecipazioni in società che non esercitano un’impresa; in senso conforme si registrano sia la Suprema Corte di cassazione (cfr. Cass. civ., Sez. V, Ord. del 28/02/2023, n. 6082), sia l’Agenzia delle Entrate (cfr. da ultima la Risposta ad interpello n. 185 del 2023).

Per quanto riguarda il requisito del controllo sulla società partecipata – sub (a) che precede – applicabile, all’assegnazione di partecipazioni in società di capitali e non a quelle in società di persone – l’agevolazione è riferibile solamente all’ipotesi in cui venga trasferito, non solo il controllo sulla società trasferenda (anche nel caso in cui la partecipazione sia detenuta in comunione dai donatari), ma anche sull’azienda esercitata da quest’ultima.

Nell’ipotesi in cui la società trasferita non esercitasse il controllo su un’impresa (e.g. perché vengono trasferite partecipazioni in una holding che a sua volta non detiene, né direttamente né indirettamente partecipazioni di controllo) l’esenzione non sarebbe applicabile (cfr. la citata Risposta ad interpello n. 185 del 2023). L’eventuale liquidazione della quota in denaro, o in natura, ricevuta dai legittimari non assegnatari nell’ambito di un Patto di famiglia, deve esser ricondotta a una donazione compiuta comunque dal disponente (cfr. Corte di Cassazione - Ordinanza n. 29500 del 24 dicembre 2020). Da ciò consegue l’applicazione dell’aliquota e della franchigia previste con riferimento al rapporto di parentela intercorrente tra disponente e beneficiario non assegnatario, con un importante alleggerimento in termini di imposta dovuta.