VEF&PARTNERS ha assistito con successo diversi soggetti destinatari di cartelle di pagamento per spese di giustizia.
In particolare, con le cartelle impugnate venivano richieste ai destinatari spese, non dovute, relative ad atti di indagine (intercettazioni e consulenze tecniche) disposti, originariamente, in procedimenti separati, diversi da quello in cui gli imputati avevano, poi, ricevuto condanna. Inoltre, le spese venivano ripetute senza alcuna attenzione ai singoli reati oggetto delle condanne.
Tramite le opposizioni, lo Studio legale eccepiva, tra l’altro, che l’onere della prova delle spese gravasse sugli enti creditori e che nei confronti dei soggetti condannati potessero essere richieste solo le spese relative ai reati per cui era stata pronunciata la condanna dei medesimi.
Il Ministero della Giustizia, insieme ad Equitalia Giustizia S.p.A. e all’Agenzia delle Entrate – Riscossione, sosteneva, invece, che tutte le spese dei procedimenti penali potessero richiedersi, indistintamente, agli imputati. Gli enti convenuti contestavano, inoltre, che sulle opposizioni dovesse decidere il Giudice penale e non il Giudice civile, come adito dai ricorrenti.
La Corte di cassazione, alla fine di lunghi e complessi contenziosi (complessità resa particolarmente acuita dall’interdisciplinarità della materia in questione), ha respinto tali eccezioni. In più sentenze riguardanti le opposizioni dei soggetti assistiti da VEF&Partners, la Suprema Corte ha stabilito che il Giudice competente per le opposizioni concernenti il quantum della pretesa è quello civile e che l’ente creditore deve specificare in modo adeguato e comprensibile i presupposti e le modalità di liquidazione, documentando le attività per le quali si domanda il rimborso delle spese, pena l’annullamento delle cartelle.
Complessivamente, l’ammontare degli importi confermati come non dovuti supera i due milioni di euro.
In questi contenziosi VEF&PARTNERS ha agito tramite un team composto dagli avvocati Mario Giannotta, Alessandro Massa e Andrea Ferrari.