Con l’art. 1, comma 1, lett. m) d.lgs. 87/2024 (entrato in vigore in data 29 giugno 2024), il legislatore ha introdotto nel corpus del d.lgs. 74/2000, che disciplina i reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, il nuovo art. 21-bis, a mente del quale 

“1. La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi. 

2. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio.

3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, limitatamente alle ipotesi di sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, anche nei confronti della persona fisica nell'interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell'ente e società, con o senza personalità giuridica, nell'interesse dei quali ha agito il rappresentante o l'amministratore anche di fatto, nonché nei confronti dei loro soci o associati”.

La disposizione, di assoluta rilevanza, supera – almeno in parte – il c.d. sistema del doppio binario tra procedimento penale e amministrativo-tributario. 

Infatti, sino alla recente riforma, permaneva una netta separazione tra il processo tributario e il processo penale, secondo il principio del “doppio binario”; la demarcazione era giustificata in ragione delle diverse regole sottese ai due sistemi sia in termini di elementi costitutivi delle fattispecie (ad esempio, quanto all’elemento soggettivo), sia in termini di disciplina delle prove. 

Ora la norma attenua fortemente il “doppio binario”, obbligando il Giudice tributario ad attenersi all’esito assolutorio del processo penale, ove i fatti materiali relativi ai due procedimenti (penale e tributario) siano i medesimi. 

Se “il fatto non sussiste”, in forza del comma 3, la disposizione si applica anche con riferimento ai (numerosi) casi in cui il processo tributario concerna l’impugnazione di avvisi di accertamento emessi nei confronti di una società, mentre il processo penale veda imputato il suo amministratore.

La Suprema Corte ha confermato che l’art. 21-bis d.lgs. 74/2000 non viene in rilievo ove venga richiamata una sentenza penale di assoluzione “perché il fatto non costituisce reato”, in quanto formula decisoria che è fuori dalla previsione della citata nuova disposizione legislativa [Cass. civ., Sez. Trib., 23 settembre 2024, n. 25402]. Inoltre, nel caso ivi esaminato, non emergeva in quale fase processuale (se dibattimentale o meno) fosse stata emessa la pronuncia penale.

Difatti, i problemi interpretativi continuano a porsi con riguardo alle sentenze emesse a seguito di giudizi abbreviati o di patteggiamento (casistica numerosa): esse, formalmente, sono escluse dall’ambito di applicazione della norma, così come i decreti di archiviazione. Questi provvedimenti, anche se non spiegano automaticamente efficacia di giudicato nel processo tributario, dovranno – per lo meno – essere presi in considerazione come possibili fonti di prova dal Giudice tributario, come riconosciuto dalla giurisprudenza maggioritaria precedente alla novella in commento [Cass. civ., Sez. Trib., ord. 25 gennaio 2022, n. 2042; Cass. civ., Sez. Trib., 23 settembre 2021, n. 25804].

Per tale ragione, e perché l’art. 20 d.lgs. 74/2000, di converso, non prevede l’efficacia diretta della sentenza tributaria nel processo penale, il superamento del “doppio binario” non è completo. 

Con specifico riguardo all’efficacia temporale della disposizione, si segnala che la Suprema Corte, in una delle prime pronunce sul tema, ha precisato che l’art. 21-bis si applica anche ai casi in cui la sentenza penale dibattimentale di assoluzione sia divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 87/2024 purché, alla data di entrata in vigore, sia ancora pendente il giudizio di cassazione contro la sentenza tributaria d’appello che ha “condannato” il contribuente in relazione ai medesimi fatti, penalmente rilevanti, dai quali egli sia stato irrevocabilmente assolto con una delle formule “di merito” previste dal codice di procedura penale (ovverosia “perché il fatto non sussiste” o “perché l’imputato non lo ha commesso”) [Cass. civ., Sez. Trib., 3 settembre 2024, n. 23570]. 

In altri termini, quelle sentenze penali favorevoli ai contribuenti possono essere utilizzate nei procedimenti tributari tuttora pendenti, ma la nuova norma non è idonea a travolgere il giudicato dei procedimenti ormai conclusi.