I trust con effetti successivi alla morte del disponente

Nel presente documento esamineremo alcune ipotesi di pianificazione attuabili mediante l’uso del trust quale strumento di tutela e regolamentazione del patrimonio nel tempo. 

Concentreremo l’analisi, in particolare, su quelle modalità attuative che consentono al soggetto che intende istituire il trust di mantenere – fintanto che è in vita e capace – il controllo sulla propria azienda e/o sul patrimonio personale. Si tratta di trust che producono effetti sostanzialmente solo dopo la morte del disponente. L’istituzione di questi tipi di trust non prevede un immediato e pieno spossessamento dei propri beni a favore del trust medesimo (argomento sovente utilizzato superficialmente a sfavore dell’utilizzo dell’istituto in commento). Le ipotesi di lavoro contemplate in questo contributo si fondano nello specifico sul principio che il trasferimento di beni in trust possa avvenire in tempi e forme differenti, e ciò consente di adeguare conseguentemente la pianificazione in funzione dei propri obiettivi. Sotto questo profilo, la struttura legale in commento rappresenta uno specifico strumento di supporto giuridico al tema della continuità, che, come sappiamo, è la stella polare che guida i patrimoni familiari.

Premessa. Effetti fiscali e legali del trasferimento di beni al trustee

In linea di principio, il trasferimento di beni al trustee (che è il soggetto che assume la titolarità dei beni in trust, nonché dei poteri gestori attribuiti nell’atto istitutivo) non è soggetto ad imposte di successione e donazione. L’Agenzia delle Entrate con la circolare n.34/E del 2022 ha fatto proprio questo principio sostanzialmente conformandosi ad una ormai consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione sul tema, che ritiene il passaggio dei beni al trustee un evento temporaneo non imponibile. Il principio, di converso, afferma conseguentemente che il trasferimento risulti imponibile solo quando è il beneficiario del trust a vedersi attribuire stabilmente, e quindi a titolo personale e definitivo, i beni dal trustee. Recentemente suddetto principio è stato trasposto all’interno del corpo normativo del provvedimento che ha attuato la delega per la riforma fiscale in tema di imposte di successione e donazione.

Poiché il trasferimento di beni in trust tipicamente avviene a titolo gratuito o per causa di morte, tale accadimento non è parimenti – in linea generale – imponibile ai fini delle imposte sui redditi. 

Da un punto di vista giuridico, relativamente ai diversi beni che possono essere posti sotto il controllo del trustee, il trasferimento può avere ad oggetto anche solo diritti parziari su detti beni (ad esempio la nuda proprietà) ovvero realizzarsi in forza di disposizioni testamentarie e non tramite atti inter vivos. In altri casi particolari (ma non poco frequenti) determinati capitali sono attribuiti al trustee per effetto di un’obbligazione contrattuale (e.g. le prestazioni erogate dalle compagnie assicurative in dipendenza di polizze vita). 

Una volta posti sotto il controllo del trustee, i beni non fanno più parte del patrimonio del disponente, né fanno parte del patrimonio del trustee, ma costituiscono un complesso autonomo e segregato di beni sui quali il trustee deve operare nell’interesse dei beneficiari individuati e nei termini che il disponente ha espresso nell’atto istitutivo.

Il trasferimento di patrimoni a favore di trust cd. “dormienti”

Premesso quanto sopra, ipotizziamo il caso in cui una persona con un patrimonio diversificato intenda pianificare e regolamentare (1) le modalità di gestione di detto patrimonio nel tempo e (2) a vantaggio di chi potrà essere impiegato (i propri familiari etc.), e che tale regolamentazione riguardi in particolare gli accadimenti successivi al proprio decesso.

Un’ipotesi potrebbe essere quella di istituire un trust che nel suo articolato includa sin da subito il programma che detta persona desidera attuare; ipotizziamo altresì che detto trust sia inizialmente dotato di un capitale minimo, affinchè durante la vita del soggetto che ha istituito il trust, il trustee abbia - ad esempio – il potere di utilizzare tale fondo al fine di sopperire ad eventuali necessità della famiglia in caso di particolari difficoltà (si pensi a taluni trustee che hanno potuto adoperarsi a favore di soggetti colpiti improvvisamente da eventi temporaneamente invalidanti durante la pandemia COVID).

A parte questo primo minimo atto di dotazione, tuttavia, il trust rimarrebbe sostanzialmente “dormiente”; per quale motivo rimarrebbe “dormiente”? Il motivo è il seguente: i successivi atti dispositivi non aggiungerebbero particolari obblighi o incombenze in capo al trustee in quanto i diritti agli utili e l’amministrazione dei beni eventualmente apportati rimarranno in capo al disponente.  Quest’utilizzo del trust “dormiente” risulta di particolare interesse, infatti, in relazione a quei beni per i quali è possibile trasferire la sola nuda proprietà – la quale potrà essere oggetto di immediata dotazione in trust – in modo che permanga in capo ai soggetti disponenti il diritto di usufrutto vitalizio. Si tratta ad esempio di partecipazioni in società ovvero beni immobili.

La dotazione della nuda proprietà di questi beni consente di indirizzare tali beni verso il trust, permettendo ai soggetti che hanno mantenuto l’usufrutto di continuare a disporre dei frutti e – ad esempio con riferimento alla partecipazione al capitale di società – dei diritti di voto nell’assemblea.

Solo al momento della scadenza degli usufrutti il trust prenderà sostanzialmente vita; a partire da quel momento, stante il consolidamento della piena proprietà in capo al trustee, questi sarà tenuto a rispettare la regolamentazione che il soggetto disponente aveva preordinato. 

Nella prassi è possibile scientemente fare ricorso anche alla cd. tecnica dei “sottofondi” per disciplinare già oggi per allora le vicende gestorie relative a specifici beni, eventualmente da custodire in sottofondi/panieri segregati rispetto ad altri beni in trust, e magari destinati a beneficiari altrettanto specifici. 

Il trasferimento di patrimoni in trust per causa di morte 

Nel paragrafo precedente abbiamo analizzato brevemente la fattispecie del trust “dormiente” nei confronti del quale, seppur operando la ritenzione del diritto di usufrutto, vengono attuati degli atti dispositivi in vita sui beni stessi, ancorché unicamente per quanto concerne la mera nuda proprietà.

Una diversa impostazione è quella di prevedere che i beni siano trasferiti in trust per il solo caso morte, e siano quindi vincolati in trust in virtù di una disposizione testamentaria.  Anche in tale ipotesi il disponente attribuisce al trust unicamente un capitale minimo iniziale e attua un trust che parimenti possiamo definire “dormiente”; tuttavia non sono attuate in vite altre dotazioni, poiché i beni che andranno a comporre il fondo in trust saranno trasferiti al trustee solo successivamente alla morte del disponente in esecuzione delle volontà testamentarie. Questa opzione ha il vantaggio della flessibilità del testamento, che consente al testatore di superare e modificare in qualsiasi momento le disposizioni precedenti. Si tenga tuttavia presente che tale flessibilità in talune situazioni può risultare un limite, motivo per cui è sempre opportuno valutare ogni ipotesi in funzione di diversi fattori. Ad ogni modo, in questa opzione si assume che il trust sia già stato istituito in vita dal disponente, come accennato nell’opzione di cui al precedente paragrafo, e le attribuzioni patrimoniali previste principalmente per mezzo del testamento.

Da un punto di vista fiscale, come nel caso del trust “dormiente” di cui al precedente paragrafo, l’ingresso dei beni in trust per effetto del testamento non determina parimenti l’emersione di imposte di donazione e successione; questo perché anche in questo caso vale il principio per cui il tributo successorio è dovuto solo quando i beni sono trasferiti ai beneficiari finali del trust. L’Agenzia delle Entrate si è occupata recentemente di un caso avente queste caratteristiche in una risposta ad interpello (Risp. n.90 dell’11 aprile 2024) confermando questa interpretazione e quindi la sostanziale sospensione dalle imposte di successione. Tale “sospensione” della tassazione ai fini successori vale (1) finchè i beni non sono attribuiti ai beneficiari e (2) nella misura in cui il trust sia effettivamente operante sul piano legale. 

Nella citata Risposta dell’Agenzia dell’Entrate si fa riferimento impropriamente alla fattispecie del trust testamentario, quando il caso oggetto di istanza ineriva in realtà un trust già istituito in vita nominato quale erede universale per testamento.  Per trust testamentario si deve invece intendere quel trust che nasce per disposizione testamentaria. In questi casi il testatore istituisce il trust per testamento e può quindi (a) riportare il regolamento del trust direttamente nel testamento, ovvero (b) demandare ad un esecutore testamentario l’istituzione del trust, indicando le caratteristiche che dovrebbe avere lo strumento.  Da un punto di vista fiscale si ritiene che, sia con riferimento ai beni che il trustee di un trust dormiente riceve per volontà testamentaria, sia riguardo ai beni inclusi in un trust testamentario, il trattamento sia il medesimo: nessuna imposta di successione risulta dovuta.

Da ultimo, vale la pena accennare che il recente d.lgs. 18 settembre 2024, n. 139 che ha disciplinato il vincolo in trust di patrimoni ai fini delle imposte indirette, parrebbe consentire al trustee, a talune condizioni ed in particolare facendo riferimento al rapporto di parentela intercorrente tra il disponente e determinate categorie di beneficiari, di poter optare – apparentemente a suo piacimento – per una tassazione anticipata ai fini delle imposte di successione e donazione, che dovrebbe essere definitiva ed escludere una ulteriore tassazione in capo ai beneficiari. Tuttavia, su questo punto – che potrebbe conferire ulteriori opportunità di pianificazione – è opportuno attendere il provvedimento attuativo, richiamato dal decreto citato, e le relative interpretazioni dell’Agenzie delle Entrate che seguiranno.

Conclusioni

Si ritiene che nell’ambito della tutela della continuità del patrimonio, una tipologia di trust come quella esposta in questo documento possa fornire una risposta utile ad alcune criticità che i membri delle famiglie imprenditoriali potrebbero riscontrare. Si tenga peraltro conto che, in funzione dell’aumento considerevole delle aspettative di vita, ciascuna persona potrebbe trovarsi nella condizione di vivere molti anni in età post lavorativa ed in condizioni di fragilità. 

In tal senso un trust che si pre-occupi delle evenienze della vita delle generazioni più risalenti, e che già preveda come disciplinare gli aspetti gestori nel susseguirsi delle generazioni, può indubbiamente rappresentare una soluzione da valutare, anche in funzione delle efficienze fiscali descritte.